Cieli segreti. Trattato di magia talismanica

È nelle librerie, per i tipi di Mimesis, un libro che contribuisce a fare chiarezza su uno degli snodi più significativi della cultura della Rinascenza, vale a dire sulla ripresa in essa di contenuti magico-esoterici. Ci riferiamo al volume attribuito a Pseudo Abele intitolato Cieli segreti. Trattato di magia talismanica. Il libro è curato da Ezio Albrile, antropologo e storico delle religioni, e da Elisabetta Tortelli, docente di Letteratura italiana e dottore di ricerca in Civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento, cui si deve la traduzione del testo dal latino all’italiano e la contestualizzante e organica introduzione. Il manoscritto è custodito in un Codice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze contenente ventitré testi magici e astromagici sabei. Risale al sec. XV, ma la traduzione dall’arabo al latino avvenne tra il 1140 e il 1270. La traduzione latina che Tortelli ha trasposto in italiano, con il titolo Cieli segreti, è quella del Liber Planetarum ex scientia Abel, articolato in sette trattati, nella versione di Roberto di Chester.

Tortelli scrive: «Il comune denominatore che ispira i testi astrologici e astromagici […] è l’incrollabile convinzione che la vita di ogni elemento dell’universo dipenda dal moto e dall’influsso degli astri» (p. 21). Ciò si evince anche dal testo che presentiamo, articolato in sette libri secondo la successione Luna-Sole-Mercurio-Venere-Marte-Giove-Saturno, cui vanno aggiunti il Liber Lunae e il Liber Solis. L’importanza del Liber planetarum è rilevabile fin dal prologo. In esso è contenuta, in sintesi, la leggenda che narra come, in vista del diluvio, Abele, figlio di Adamo, trascrisse i principi della scienza magico-talismanica, rivelatagli dal padre, su lapidi marmoree. Dopo aver soddisfatto tale compito, decise di seppellire le lapidi perché, di tale sapere, potessero beneficiare i posteri. Dopo il diluvio, le lapidi furono rintracciate da Ermete Trismegisto, che «avrebbe deciso di divulgare questa antichissima sapienza, trascrivendo i testi […] nei sette libri» (p. 37). In realtà, la figura di Abele rinvia al primo Ermete della genealogia dei tre Ermete, tesi fatta propria da Roberto di Chester. Il Liber planetarum è «uno dei più interessanti scritti del corpus ermetico di origine arabo-latina che si diffuse in Occidente tra il XII e il XIII secolo» (p. 37). Gli insegnamenti contenuti nel libro di Abele-Ermete riguardano prevalentemente la scientia ymaginum, la scienza dei talismani.

Tale sapere è strettamente connesso con le “elezioni”, con il momento astrologicamente più opportuno, individuato dal mago-sapiente, per realizzare i talismani stessi, affinché questi potessero svolgere un’azione significativa sulla vita di chi li possedeva e li indossava. I talismani, di diversa fattura e tipologia, sono oggetti manipolati o indossati dal possessore «per costituire un polo d’attrazione delle forze astrali e hanno un’azione diversa dagli amuleti» (p. 38), in quanto questi sono dotati di un potere occulto di tipo naturale. I talismani, al contrario, derivavano la propria potestas dalla sagace azione del mago, che «valutava il momento della costellazione dominante, considerando l’aspetto che la Luna e il Sole o gli altri pianeti intrattenevano tra loro e con i dodici segni dello zodiaco» (p. 39). Il mago svolgeva, quindi, funzione di medium, posizione teorica tipicamente neoplatonica, in quanto atto a congiungere microcosmo e macrocosmo, alto e basso, cielo e terra, imbrigliando le potenze planetarie nella pietra talismanica. La sua efficacia «scaturisce dall’incantesimo […] ossia dalle formule proferite dal mago che comanda agli spiriti (astrali) di insinuarsi» in esso (p. 39). Questo ritorno a una visione simpatetica della physis, ricorda Tortelli, fu avversato da Giovanni di Salisbury, esponente della Scuola di Chartres e, in modalità più radicale, da Tommaso d’Aquino. I due pensatori videro nella trattatistica astromagica del periodo il rischio dell’evocazione demonologica: si trattava, a loro dire, di un ritorno all’antico, che l’ortodossia cattolica non poteva accettare.

Tale cultura esoterico-astrologica era, di fatto, centrata su un celebre testo magico-ermetico, il Picatrix, che offriva precise indicazioni sulla realizzazione dei talismani implicanti, «l’incisione di determinate immagini su specifiche pietre in determinati periodi» (p. 43). La sua influenza è evidente nel De vita di Marsilio Ficino, mitigata, come del resto in Pico della Mirandola, dal riferimento alla Grazia divina, vera artefice degli influssi. Tale scelta avrebbe salvato i due filosofi dall’accusa di riproporre una visione “pagana” del mondo. In ogni caso, la visione astromagica e simpatetica del cosmo circolava ampiamente nell’Italia del Quattrocento e durante il Rinascimento, influenzando l’iconografia del periodo. Tortelli, a riguardo, rinvia all’esegesi della Sala dei Mesi del Palazzo Schifanoia: «I grandi talismani murali di Schifanoia conservano l’inquietante fascino tramandato […] dal manuale di magia Picatrix, ma diventano, al contempo, oggetti di contemplazione» (p. 47). Medesima visione si mostra nella creazione della volta celeste nella scarsella della Sacrestia Vecchia della chiesa di San Lorenzo a Firenze, «pittura murale, concepita forse come un gigantesco e potente talismano» (p. 22). Non dissimile è la rappresentazione pittorica della scarsella della cappella dei Pazzi nella Chiesa di Santa Croce, realizzata, come la prima, per celebrare, il 6 luglio 1439, il Concilio di Firenze indetto per riunificare chiesa d’Oriente e d’Occidente. In tutto questo ebbe ruolo di primo piano Toscanelli, cartografo, geografo e astrologo di grande rinomanza. In Firenze, in sequela con il diffondersi di tali saperi, dei quali i Medici si servirono anche per ragioni politiche, si diffuse il culto dei Re Magi. Consigliamo vivamente, la lettura di Cieli segreti: le sue pagine chiariscono la complessità e la crucialità della cultura della Rinascenza. In quella congerie storica fu messo in atto il tentativo di dar vita a un Nuovo Inizio della storia europea. Il neoplatonismo fiorito a Careggi, impregnato di esoterismo e magismo, fu una filosofia epistrofica mirante a recuperare l’origine che dice, in uno, la meraviglia della vita e il suo tratto tragico.