Attualità di «Metafisica del sesso»

Almeno due considerazioni preliminari sono necessarie sull’attualità di Metafisica del sesso nel mondo di oggi. Il grandissimo Julius Evola, parlando della “pandemia del sesso”, ha criticato nella cultura moderna e postmoderna una visione che inficia quella tradizionale, che segna invece una dimensione dell’eros fondativa dell’unione olistica della totalità dell’umano.

Ciò è evidente dalla sua esplicita citazione del Simposio di Platone; in particolare, del discorso di Diotima, laddove rispetto all’eros si parla di una transizione dal particolare al generale per cui uno s’innamora dell’oggetto del desiderio specifico – quindi, del corpo maschile o femminile – che poi diventa la generalizzazione di tutti i corpi, di tutte le totalità e quindi dell’universale. Julius Evola ricorda qualcosa che è ben noto a tutti, riferendosi a un altro pensiero, sempre tratto dal Simposio platonico: dicendo che Eros è figlio di Penia e Poros, bisogno e artificio, conclude come la nostalgia di quella ricomposizione di maschile e femminile costituisca la base di ogni transizione erotica.

Facciamo attenzione, però. Potremmo essere tratti in inganno, pensando che la teoria del gender, che tanto va di moda oggi, sia espressione di questa nostalgia. In realtà, è l’esatto contrario. Nel gender domina la dimensione dell’abbattimento della distinzione e dei confini – l’esatto contrario di ogni philosophia perennis –, espressione di una cultura dell’entropia, del caos e dell’indistinto, poi mascherati da buonismo e politically correctness. Distruggendo ogni distinzione, la teoria gender vanifica non soltanto il diritto naturale, ma anche ogni visione di quella dimensione iniziatica dell’Essere, di cui la distinzione è la sola base possibile.

Il recupero della dimensione dell’Essere non è soltanto un’operazione che ci riavvicina al diritto naturale, ma è qualcosa che ci mette di fronte a quella dimensione trascendente e metafisica che è la base del pensiero di Julius Evola. Metafisica dell’Essere vuol dire: pensare e capire come si trattano le energie profonde, assolute, universali, totali, attraverso cui l’Essere si realizza, tendere verso la dimensione dell’entelechia aristotelica dell’Essere, verso la nostalgia dell’iperuranio.

Da questo punto di vista, la cultura del gender è controiniziatica, caotica e distruttiva, contraria a quella dimensione ontologica della natura senza la quale non ci può essere né presente né futuro per l’umanità. La distruzione del diritto naturale diventa, nel postmoderno, un cortocircuito tra conoscenza e realtà. Secondo queste teorie, il sesso non è quello sancito dalla natura, dai cromosomi, dai caratteri sessuali secondari, ma è quello che ognuno soggettivamente ritiene di essere. Ebbene, la dimensione del soggettivismo dilagante è il peggior cortocircuito tra essere e conoscenza. La cultura del gender diventa così l’espressione devastante di un’entropia che, al tempo stesso, è la negazione di quella possibile tensione auto-trascendente, metafisica, che tutte le culture iniziatiche ci ricordano essere espressione di un’ascesi senza cui l’umano è troppo umano.

Io credo che, tra tutte le espressioni degenerative del moderno e del postmoderno, la cultura del gender sia forse la peggiore perché, negando queste distinzioni, ci mette di fronte ad una impasse tautologica, che annienta non soltanto la legge naturale ma anche le tensioni dei desideri.

L’uomo è uomo e la donna è donna, ma oggi non vige più questa distinzione e tutto diventa una melassa indistinta, nell’accettazione di ogni cosa possibile, nella cultura del genericismo, del buonismo e dell’accoglienza di ogni mostruosità come normalità. È chiaro, quindi, che siamo di fronte agli orrori degli orrori, non solo per quanto riguarda il futuro della specie, ma anche per la descrizione logica dell’esistenza.

In questo panorama desolante, richiamarsi alla metafisica di Julius Evola non vuol dire soltanto richiamare radici platoniche, aristoteliche, filosofiche, di questa dimensione ontologica dell’Essere, non vuol dire soltanto ricordare Diotima, il Simposio, Eros figlio di Penia e Poros, ma implica soprattutto guardare a questa dimensione dell’Essere con uno sguardo antico e nuovo. Sono convinto che, riferendosi a queste dimensioni, che hanno radici ben piantate nel passato, con uno sguardo diretto al futuro, possiamo pensare ai grandi autori del pensiero tradizionale come a maestri che ci proteggono dalle degenerazioni che ci assediano. Una di queste degenerazioni è proprio la cultura del gender, espressione di una dimensione cancerosa tramite cui la vita viene trasmessa: se il maschile e il femminile non s’incontrano, non ci può essere né presente né futuro per l’umanità.

Perché, al di là degli orrori dell’utero in affitto, delle alchimie controiniziatiche attraverso cui la vita viene generata in laboratorio, se non ci sono maschi e femmine, se non ci sono padri e madri, allora non ci può essere vita né sul piano della Zoé, né su quello della cultura.