Friedrich Nietzsche, Robert Reininger, Julius Evola

A quale definizione di un autentico “senso della vita”, a quale personale imperativo etico potrà mai essere giunto colui che scrisse opere come La genealogia della morale, Il crepuscolo degli idoli e Al di là del bene e del male, ammesso che vi sia giunto davvero?
È la complessa ed annosa questione sulla quale si arrovella da sempre ogni studioso e cultore del filosofo tedesco, affrontata in Nietzsche e il senso della vita (Friedrich Nietzsche Kampf um den Sinn des Liebens. Der Ertrag seiner Philosophie für die Ethik), pubblicato di recente dalle Edizioni Mediterranee. Un testo non molto voluminoso, ma che si rivela uno degli studi più pregnanti e acuti sulla visione nietzschiana dell’esistenza umana. Il libro venne scritto dal docente e filosofo austriaco Robert Reininger esattamente un secolo fa, ma per una prima edizione italiana (che fino ad oggi era rimasta l’unica) si dovette attendere il 1971, grazie a un curatore e traduttore d’eccezione: Julius Evola.
Il testo di Reininger, poco noto e ancora meno citato nella messe di studi italiani su Nietzsche, è ora disponibile ed ulteriormente avvalorato da una nota introduttiva di Sebastiano Fusco, curatore dell’edizione, e da un saggio conclusivo di Giovanni Sessa, che sottolinea una volta di più come la figura e il pensiero di Nietzsche siano stati effettivamente importanti per la formazione intellettuale ed esistenziale di Julius Evola. A riprova di ciò rimane il fatto che il filosofo romano ha scritto su Nietzsche, a varie ed alterne riprese, praticamente lungo tutto il corso della sua vita: il complesso rapporto del giovane Evola col pensiero nietzschiano comincia negli anni Venti, per poi prendere da esso le distanze (dopo essersi avvicinato al tradizionalismo integrale di René Guénon) e infine giungere a una sua particolare rilettura e riproposizione nel dopoguerra, di cui rimane testimonianza in Cavalcare la tigre e negli ultimi articoli pubblicati da Evola sull’argomento, risalenti al 1973, a poco prima della sua morte.
Robert Reininger (1869-1955) è una figura di spessore negli studi filosofici del Novecento: studioso di Spinoza e di Fichte, delle Upaniŝad e vicino all’ambiente della Società Teosofica, rifacendosi anche alla mistica medievale tedesca di Meister Eckhart elaborò la sua teoria dell’«atomo primordiale» dormiente nella coscienza umana. Il suo libro si sviluppa attraverso una attenta analisi critica all’iter esistenziale-filosofico di Nietzsche, («uno spirito dionisiaco che aspirava all’apollineo»), esposta in modo schematico ma chiaro e approfondito, reso degnamente dalla traduzione di Evola. Si giunge così a toccare dei significativi “retroscena”; ad esempio, viene citato l’interesse giovanile di Nietzsche per il pensiero di Philipp Mainlander (discepolo di Schopenhauer fautore di una visione tanto profondamente nichilista da fare apparire, in confronto, positiva e solare quella dello stesso filosofo di Danzica), citato ne La gaia scienza e dal quale verrà tratta e rielaborata l’espressione «morte di Dio». Così come l’influenza del filosofo e scienziato Ruggero Giuseppe Boscovich, che Nietzsche studiò negli anni dedicati alle sue ricerche naturalistiche, a quanto pare intraprese nell’impegnativo proposito di suffragare con delle prove scientifiche la dottrina dell’«eterno ritorno dell’uguale».

Proprio l’eterno ritorno è un punto della filosofia nietzschiana, sottolinea Reininger, che si può intendere come una «intuizione di autentica trascendenza», per quanto sui generis; un concetto che si ricollega direttamente alle antiche dottrine sapienziali sull’eterno rinnovarsi dei cicli cosmici e che non casualmente il filosofo delineò nella solitudine delle sue meditazioni alpine in Alta Engadina, quasi si sia trattato di una vera illuminazione mistica.
Attraverso queste e molte altre chiavi di volta del tormentato e vertiginoso percorso nietzschiano (notevole il conclusivo confronto tra l’indagine morale di Nietzsche e quella del suo “odiato” Kant, la cui filosofia, in Al di là del bene e del male, diviene una «tartuferia tanto rigida quanto virtuosa»), Reininger mette in luce come il filosofo di Röcken non potesse che giungere, faticosamente e dolorosamente, all’elaborazione di un’etica eroica, una condotta areteica, «tanto al di sopra delle cose umane», per dirla con lo stesso Nietzsche. Come rileva l’autore, e come puntualizza Sessa nella postfazione, nessuno, almeno nella filosofia occidentale degli ultimi secoli, ha compreso meglio di Nietzsche come il senso ultimo della vita umana vada ricercato in un dovere sovrastante la natura umana, e nell’opposizione di un dovere all’essere. È in questo modo che l’etica aristocratica ed eroica di Nietzsche (simboleggiata non casualmente da una figura archetipica come quella del “suo” Zarathustra), dopo avere demolito le morali tradizionali, trasvalutato i valori e superato il nichilismo, anche in questo caso si avvicina, in modo apparentemente paradossale, proprio agli insegnamenti propriamente morali di varie dottrine tradizionali (si pensi allo stoicismo romano o al codice della cavalleria medievale, fino al Bushidō giapponese).
Considerazioni di questo tipo sulla visione nietzschiana non potevano che essere condivise da Julius Evola, e la dimostrazione si ha proprio nella volontà del filosofo romano di occuparsi della promozione di questo rilevante studio sulla tanto “famigerata” e profondamente fraintesa Weltanschauung di Nietzsche, l’uomo che Reininger definiva già cento anni fa «l’ultimo dei filosofi la cui azione, trascendendo e anzi scavalcando la sfera della scienza e il clima da scuola, è diventato una potenza di vita».
Un ulteriore interesse “storico” del volume è dato dalla nota di Sebastiano Fusco, che racconta le vicende legate alla sospirata pubblicazione della prima edizione italiana per i tipi di Volpe, grazie all’interessamento di Gianfranco de Turris, nel 1971.
I precedenti tentativi di Evola di proporre una traduzione del libro di Reininger alle edizioni Laterza, le stesse che gli avevano pubblicato negli anni Trenta testi come La tradizione ermetica e Il mistero del Graal, vennero infatti ostacolati: cosa non certo sorprendente in un ambiente editoriale adeguatasi ai tempi correnti, che non guardavano con simpatia l’idea della pubblicazione di un ennesimo saggio su Nietzsche. Il quale, prima di essere stato il filosofo più influente del XX secolo, era ormai ufficialmente diventato l’“ispiratore del nazionalsocialismo”…
Un libro prezioso per chiunque voglia approfondire la visione titanica del “Solitario di Sils-Maria”, nonché il suo legame con il percorso esistenziale di Julius Evola.