La polemica che da qualche tempo accompagna la mostra evoliana al Mart di Rovereto non sembra voler cessare. Nelle ultime settimane la discussione ha raggiunto un’ampiezza incredibile, coinvolgendo una decina e passa di testate giornalistiche e nomi come Vittorio Sgarbi (ideatore della mostra), Giampiero Mughini e Pietrangelo Buttafuoco. Un dibattito che se, da un lato, testimonia l’interesse che Evola è in grado di suscitare ancora oggi, dall’altro ha visto riaffiorare molti dei luoghi comuni che purtroppo accompagnano da decenni la ricezione del pensiero evoliano. Nihil sub sole novum, quindi? Fino a un certo punto – e la Fondazione che si occupa del suo pensiero sta preparando una risposta, densa e articolata, alle varie polemiche che in questi ultimi tempi hanno rianimato il sonnambulico giornalismo italiota. Nel frattempo, però, siamo orgogliosi di ospitare una presa di posizione di Giorgio Calcara e Beatrice Avanzi, i due curatori della mostra, che rimarrà aperta fino al 17 settembre, e di Guido Andrea Pautasso, che ha collaborato alla sua realizzazione. La speranza – speriamo non vana – è che possa rettificare una volta per tutte alcune delle inesattezze con cui la stampa nostrana ha rivelato il suo solito volto, perdendosi l’ennesima, preziosissima, occasione di tacere su argomenti per i quali, con tutta evidenza, non bastano due o tre ricerche su internet.
F.J.E.
In quest’ultimo periodo, la mostra Julius Evola. Lo spirituale nell’arte, al Mart di Rovereto (ideata e voluta da Vittorio Sgarbi), ha suscitato una molteplicità di considerazioni e sollecitato svariate riflessioni sull’opera artistica evoliana e sul suo complesso percorso ideologico, a tutt’oggi oggetto di studi e approfondimenti critici. Per quanto riguarda la figura di Evola e il suo percorso intellettuale, rimandiamo ad altri i commenti e le considerazioni, poiché non rientra nelle intenzioni dei curatori della mostra occuparsi di un ambito che non appartiene alla dimensione artistica delle sue ricerche, così come in questo caso specifico non vengono affrontate discussioni in merito agli scritti evoliani riguardanti la filosofia, le religioni orientali, il tantrismo e tutti gli interessi extra-artistici, politici e ideologici di Julius Evola.
È invece necessario chiarire alcune imprecisioni e inesattezze espresse in questi giorni con interventi su quotidiani e riviste, che invece di fare chiarezza sull’opera di Evola e sulla natura dell’esposizione a Rovereto rischiano di generare una notevole – e inutile – confusione. In particolare, sul quotidiano «Domani», il critico Demetrio Paparoni ha offerto una lettura assolutamente inesatta e distorta dell’opera artistica evoliana.
Per questo, sentiamo di dover intervenire e precisare quanto segue.
È stato affermato che la pittura di Evola non rientra nel modernismo internazionale, quando in realtà le sue opere hanno avuto notevoli riconoscimenti al di là del suolo italiano, come dimostrano all’inizio degli anni Venti del Novecento la sua partecipazione all’Esposizione Internazionale d’Arte Moderna di Ginevra, le mostre alla Galerie Der Sturm di Berlino e ai Salon Dada parigini. Semmai a Evola – dapprima futurista, movimento abbandonato per l’eccesso di personalismo e sciovinismo di Marinetti, e poi dadaista – va stretta la definizione di “modernista”, dal momento che la sua arte era frutto di una personalissima ricerca sconfinante nell’esoterismo e nell’occultismo. Come se non bastasse, peraltro, fu lui stesso a dichiararsi anzi tempo artista astratto, e pubblicò nel 1920 il saggio teorico Arte astratta, definito da Massimo Cacciari «uno degli scritti più filosoficamente pregnanti delle Avanguardie europee».
L’adesione al Dadaismo portò Evola ad uscire dall’ambito espositivo italiano (dominato dal Futurismo), non isolandosi, come accadde invece a diversi futuristi che si ritrovarono relegati nella dimensione italiana, a volte troppo provinciale. Evola entrò allora in contatto con Tristan Tzara, Max Ernst, Hans Richter, Hans Arp, Blaise Cendrars e diversi rappresentanti dell’avanguardia europea. E sono proprio i quadri esposti a Rovereto a dimostrare questo suo respiro internazionale.
Sempre a proposito del Mart, è bene sottolineare che, a differenza di quanto è stato sostenuto nelle polemiche di questi ultimi giorni, la scelta delle opere è stata condotta con il massimo rispetto della scientificità e della cronologia della loro realizzazione, seguendo quindi un inappuntabile percorso storico.
L’esposizione è stata curata da Beatrice Avanzi, responsabile del Settore mostre del museo roveretano, e da Giorgio Calcara, che ha contribuito al recupero delle opere e, in catalogo, ha sviscerato gli interessi alchemico-esoterici dell’artista; mentre a Guido Andrea Pautasso, membro della Fondazione J. Evola e del Comitato Scientifico per Evola Artista, sono stati affidati il compito di ricostruire il percorso storico-pittorico evoliano e la redazione dell’elenco delle esposizioni, la bibliografia critica e le schede tecniche delle opere. Quindi, chi ha affermato non esservi stata alcuna curatela scientifica ha dimostrato di non essere a conoscenza del fatto che la scelta delle opere esposte – come ricordato abbondantemente nel catalogo, d’altronde – è stata fatta in collaborazione con la Fondazione supportata dal citato Comitato Scientifico, diretto dal prof. Francesco Tedeschi e costituito dal prof. Paolo Campiglio, dallo storico dell’arte e critico Carlo Fabrizio Carli, da Gianfranco de Turris, presidente della Fondazione, e da Pautasso. Inoltre, sottolineiamo che delle opere in mostra, così come di quelle non esposte, è in corso l’archiviazione presso il CRA.IT, il Centro Studi per la Ricerca sull’Arte Astratta Italiana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Altro che “mancanza di scientificità”.
A confermare ulteriormente questo aspetto, nel catalogo – che sarebbe bene consultare, prima di lanciarsi in critiche giornalistiche – le cinquantacinque opere esposte sono corredate da una scheda tecnica che ne ricostruisce le esposizioni, la provenienza e la bibliografia critica. Ricordiamo ancora che le opere provengono da importanti istituzioni e collezioni museali, oltre che da collezioni private. Una parte di esse, una decina, sono repliche realizzate da Evola stesso negli anni Sessanta e Settanta (proprietà, peraltro, della Fondazione). Proprio per questa sezione della mostra è stato svolto – e documentato nel catalogo – un lavoro molto accurato per distinguere i quadri delle due epoche, così ristabilendo le corrette datazioni. Inoltre, occorre precisare che diverse opere erano considerate perdute, o se ne erano smarrite le tracce: adesso, anche grazie a questa mostra, sono state “ritrovate” ed esposte, mentre altre, considerate dubbie o addirittura false, sono state scartate.
Per rispondere ad alcune delle voci di questi ultimi giorni, è doveroso sottolineare che Evola, a differenza di altri artisti, non ha retrodatato affatto le sue opere, ma le ha rifatte utilizzando materiali, colori e tecniche pittoriche tipiche degli anni Sessanta, riprendendo in queste repliche alcune tematiche che caratterizzavano i suoi dipinti, come si evince chiaramente dai lavori esposti.
Purtroppo, i giudizi e i commenti pubblicati in questi giorni hanno dimostrato che alcuni critici, pur pronunciandosi su Evola, non ne conoscono minimamente l’opera, così come il lavoro di ricerca svolto intorno alla sua figura. Vi è stato poi chi ha sostenuto che le opere evoliane siano di scarsa qualità, senza tenere conto che proprio il compianto Enrico Crispolti, promotore di una rinascita di attenzione intorno all’opera pittorica di Evola, già nel 1963 sostenne «la qualità così esplicita ed intensa dei suoi quadri», affermando per primo come il suo ruolo di pittore fosse tutt’altro che marginale nella storia delle avanguardie.
Beatrice Avanzi
Giorgio Calcara
Guido Andrea Pautasso