Gianfranco de Turris, gli ottant’anni di un intellettuale che ci fece amare elfi e hobbit

Auguri con affetto e riconoscenza a Gianfranco de Turris per i suoi ottant’anni, compiuti oggi 19 febbraio. Colonna portante della cultura di destra, raffinato scrittore, saggista, giornalista, curatore delle Edizioni Mediterranee. E molto altro ancora. Gli dobbiamo molto. Riconosciuto come uno dei massini esperti in Italia di heroic fantasy, ha dedicato molta parte del suo impegno intellettuale allo studio di Tolkien e alla sua diffusione attraverso libri, saggi, convegni. È stato inoltre presidente del Premio J.R.R. Tolkien per tredici edizioni, dal 1980 al 1992. Chi lo conosce e ha lavorato con lui sa che Gianfranco è stato ed è tuttora un “vulcano” di idee e di iniziative. Già vicecaporedattore del Giornale Radio Rai per la cultura; segretario della Fondazione Julius Evola, per conto della quale cura tutte le ristampe dei libri del filosofo tradizionalista, ideatore di programmi e riviste. Non si è fermato mai.

Perché dobbiamo essere grati a Gianfranco de Turris

È stato ideatore e editorialista del programma di Rai Radio1 L’Argonauta, in onda dal 2002 per dodici anni, con trecentonovantanove puntate curate fino al 1º luglio 2012. Uno spazio a lungo difeso con le unghie e coi denti per dare spazio alla cultura non conforme, alle piccole case editrici di qualità (rubrica Piccolo è bello), ai giovani autori emergenti. De Turris è sempre stato sotto questo aspetto un “moto perpetuo”. Chi lo ha incontrato, negli anni, lo ha sempre visto con i libri in mano, a segnalarti un autore, a darti un’idea. Negli anni Sessanta ha curato la sezione narrativa della rivista «Oltre il cielo». Da allora ha prodotto una messe sterminata di saggi e libri sulla letteratura fantastica, su J. R. R. Tolkien ma anche su H. P. Lovecraft. A De Turris si deve, tra le altre cose, la conoscenza di questo autore in Italia, padre di tutta la letteratura horror che sarebbe venuta poi. È stato direttore di «L’Altro Regno», rivista di critica fantascientifica edita fino alla fine degli anni Ottanta. Su questa base è nata in pratica la critica fantascientifica in Italia: de Turris, insieme a Sebastiano Fusco (anche lui a lungo collaboratore del «Secolo d’Italia»), è stato tra i primi a prendere in esame la science fiction, che non godeva, diciamo così, di buona stampa, considerata un genere “di serie B” da parte della cultura ufficiale.

Auguri per i suoi “magnifici” ottant’anni

In questo ruolo di “pioniere” ha fatto emergere figure di autori che all’epoca non erano presi in considerazione. Non solo H. P. Lovecraft e J. R. R. Tolkien, ma anche autori “minori” dei quali ha in seguito curato molte antologie. Ha sempre avuto a cuore aiutare giovani autori ad emergere ed è sempre stato uno scopritore di “talenti” dei quali ha curato libri ed opere prime. Sempre prodigo di consigli. Uomo di cultura e grande promotore di cultura. Tante le sue collaborazioni: con «L’Italiano», «Linea», «Secolo d’Italia», «Il Tempo», «L’Italia che scrive», «Roma», «Dialoghi», «Liberal», «Il Giornale d’Italia», «L’Indipendente», «Prospettive nel mondo», «La Destra», «Il Giornale», «Area» e «Intervento». Nell’ambito del fumetto ha collaborato per anni con la rivista «Linus», diretta da Oreste Del Buono, e a «L’Eternauta». Chi lo ha visto anche a distanza di anni non ha notato il passare del tempo. La voglia di scrivere, di intervenire, di ideare, di fare progetti è la stessa di sempre. Come durante la sua recente uscita pubblica al convegno Un tè con Tolkien, e la destra prese i posti migliori, curato dalla Fondazione Alleanza Nazionale e dal «Secolo d’Italia».

«Era ovvio che la destra adottasse Il Signore degli Anelli»

In quella occasione disse: «Tolkien era un conservatore, monarchico, antimoderno e antitecnologico. Era ovvio che la destra adottasse Il Signore degli Anelli, è una cosa normalissima. Noi dobbiamo farci forti di questo riferimento. Si tratta di un romanzo “nostro” che rispecchia i valori del suo autore». Ci congediamo con un augurio ulteriore: di non stancarsi per molto tempo ancora. E di continuare a fare quello che ha sempre fatto: arricchire il cammino culturale della destra, almeno per i prossimi ottant’anni.

(«Il Secolo d’Italia», 19 febbraio 2024)